Humanae vitae: teologia e magistero

di:

paolo vi

Il quotidiano cattolico francese La Croix, nella sua versione online (20 maggio), titola in maniera netta: «Battaglia in Vaticano sulla morale sessuale». E sottotitola: «Due alti esponenti vaticani hanno esposto visioni differenti dell’Humanae vitae. Un confronto raro, in pubblico». Il riferimento è al convegno che si è svolto il 19 e il 20 maggio a Roma, intitolato «Humanae vitae, l’audacia di un’enciclica sulla sessualità e sulla procreazione», organizzato dalla Cattedra Internazionale di Bioetica Jérôme Lejeune.

Elenco i «fatti» relativi al convegno.

Nel comitato organizzatore erano presenti diversi esponenti della Pontificia Accademia per la Vita: Jean-Marie Le Méné, presidente della Jérôme Lejeune Foundation (e genero dei coniugi Lejeune); Mounir Farag, presidente del St. Joseph Institute for the Family, Bioethics, and Pro Vita (Egitto); Elena Postigo Solana bioeticista spagnola; Mónica López Barahona sempre della Cattedra Lejeune; Jokin de Irala Estévez dell’Università di Navarra (Opus Dei). Però la Pontificia Accademia per la Vita non è stata invitata a parlare, come si vede dal programma dei lavori e su questa assenza, in apertura dei lavori, la stessa Barahona ha taciuto completamente.

Fra Zuppi, Ladaria e Paglia

Il convegno ha ricevuto un messaggio del cardinale Matteo Zuppi, presidente della CEI (cf. qui su Settimana News), in cui il porporato sottolinea due aspetti: interrogarsi «seriamente sui problemi che pone la distanza tra le indicazioni del magistero della Chiesa circa la generazione della vita e il vissuto quotidiano della società in generale, ma anche dei cattolici stessi». E «non dobbiamo favorire la logica sterile degli schieramenti, facilmente e indebitamente amplificata dagli organi di stampa».

Ad aprire i lavori è stato il cardinale Luis Ladaria, prefetto del dicastero per la Dottrina della fede, che ha parlato in toni solo positivi dell’enciclica a 55 anni dalla pubblicazione (1968). Il coraggio dell’Humanae vitae, per il cardinale, è di «carattere antropologico» perché ha mostrato «la connessione inscindibile» che Dio ha voluto tra il significato unitivo e quello procreativo dell’atto coniugale.

La morale contraccettiva che si è affermata in contrasto con l’enciclica mette in opposizione la natura, il corpo stesso, con un concetto di libertà che pretende di cambiare le «condizioni di vita dell’amore coniugale». Secondo questa visione, l’atto sessuale viene considerato assolutamente libero e il corpo è «ridotto a pura materialità». Prima si è accettata la sessualità senza figli, poi si è accettato di produrre figli senza l’atto sessuale. La vita stessa da dono è stata ridotta a prodotto. Per questo l’enciclica resta profetica anche oggi, al fine di contrastare i «veri e propri anti-umanesimi», riscontrabili nell’ideologia gender in cui non è il corpo che identifica una persona ma il suo orientamento e nel «trans-umanesimo», in cui la persona, essendo «ridotta alla sua mente», può trasferire la sua essenza «a un altro corpo umano, a un corpo animale, a un cyborg, a un semplice file di memoria».

Le nuove sfide

La Pontificia Accademia per la Vita si è materializzata nel convegno sotto forma di un’ampia intervista in cui il presidente, mons. Vincenzo Paglia, affronta senza tentennamenti i temi scottanti di Humanae vitae. L’intervista è stata pubblicata (a quanto pare in esclusiva) dai media vaticani (VaticanNews) in italiano, inglese, spagnolo, francese, portoghese e in altre lingue. Ed è stata ampiamente ripresa da diversi siti cattolici.

Mons. Paglia con toni molto diversi da quelli del cardinale e più vicini al presidente della CEI, prima di tutto invita a proseguire nella riflessione teologica sulle questioni poste dal documento e a collocarne la lettura nel contesto più ampio del magistero di papa Francesco: «Penso che questa enciclica vada letta, oggi, nella sua attualità, che riguarda la generatività dei rapporti umani».

In un secondo, importante passaggio, afferma: «Negli anni sessanta la “pillola” sembrava il male assoluto. Oggi abbiamo sfide ancora più forti: la vita dell’intera umanità è a rischio se non si ferma la spirale dei conflitti, delle armi, se non si disinnesca la distruzione dell’ambiente. Vorrei ci fosse una lettura che integri Humanae vitae con le encicliche di papa Francesco (e di Giovanni Paolo II) e con Amoris laetitia, per aprire una nuova epoca di umanesimo integrale». Abbandonando, quindi, letture parziali perché la sfida della tutela e dello sviluppo, della vita umana, va posta a tutto campo, come ci insegnano Laudato si’ e Fratelli tutti.

Aprire con prudenza

Il convegno di maggio, per esplicita ammissione degli organizzatori, è sulla scia di quello organizzato l’anno scorso per rispondere al volume della Pontificia Accademia per la Vita Etica Teologica della Vita.

Di questo libro (530 pagine) hanno fatto scalpore due passaggi: il primo, di prudente apertura verso la contraccezione e, il secondo, di altrettanto prudente apertura verso la fecondazione omologa. In tutto 10 righe e 10 righe nel contesto di un dibattito teologico che esprime posizioni e punti di vista differenti. Dibattito la cui positività è stata avallata da papa Francesco stesso proprio in riferimento al volume.

Sull’aereo di ritorno dal Canada, a una domanda esplicita ha risposto: «il dovere dei teologi è la ricerca, la riflessione teologica. Non si può fare teologia con un “no” davanti. Poi sarà il magistero a dire: “No, sei andato oltre, torna”. Ma lo sviluppo teologico deve essere aperto, i teologi ci sono per questo. E il magistero deve aiutare a capire i limiti. Sul problema degli anticoncezionali, so che è uscita una pubblicazione, su questo tema e altri temi matrimoniali. Sono gli atti di un congresso e nel congresso ci sono le “ponenze”, poi discutono fra loro e fanno le proposte. Dobbiamo essere chiari: questi che hanno fatto questo congresso hanno fatto il loro dovere, perché hanno cercato di andare avanti nella dottrina, ma in senso ecclesiale, non fuori».

Se questi sono i fatti, cosa si può dire per una valutazione della situazione?

Intanto che gli esponenti ecclesiali di «alto livello» coinvolti non sono due, come ricostruisce La Croix, ma tre. Il messaggio del cardinale Zuppi, terzo esponente, è stato vigorosamente applaudito al termine della lettura al convegno, ma forse non è stato ben compreso in quanto andava in tutt’altra direzione.

Il cardinale Ladaria è stato molto applaudito ma ha espresso una visione tradizionale tutta impostata sulla condanna del femminismo (responsabile della morale della libertà e del «corpo che è mio e faccio quel che voglio»), presentando il mondo cattolico come una cittadella assediata (e forse incapace di rendersi conto delle dinamiche del contemporaneo e incapace di dialogare).

Un piccolo numero di accademici della Pontificia Accademia per la Vita, evidentemente, «non ci sta» a una visione meno rigida sui temi classici della morale matrimoniale. Aperture che vengono giudicate dei tradimenti della dottrina, come fa capire il contrasto che si svolge soprattutto sui social media, diventati terreno di scontro tra punti di vista, con poco spessore e tanta acrimonia.

Una responsabilità comune

Vale la pena, per concludere, riportare un punto di vista ufficioso raccolto nei mesi passati tra i corridoi della Pontificia Accademia per la Vita. È soprattutto un rammarico che si potrebbe esprimere così: gli accademici stessi, quei pochi di retroguardia ma con un certo seguito nel mondo conservatore cattolico, tendono a pensare che mons. Paglia, la dirigenza della Pontificia Accademia e i teologi a cui fanno riferimento vogliano svendere la morale tradizionale. Non considerano che è necessario un approccio diverso, un dialogo, una prospettiva creativa per superare le aporie che una visione di chiusura ha provocato.

Su Humanae vitae, ad esempio, non si riesce a far capire che chiudersi sul nesso unitivo e procreativo dell’atto coniugale ha portato a svilire, di fatto, il valore dell’amore tra i coniugi. Ed è proprio su tale aspetto che Amoris laetitia cerca di ripristinare una visione più umana e corretta, meno meccanicista e in linea con una Chiesa in dialogo e che tende la mano.

Pertanto, concludeva il ragionamento che cerchiamo di riassumere, questa «fronda» farebbe meglio a cercare un dialogo, invece di organizzare convegni separati e cercando lo scontro a tutti i costi in nome di una pretesa autentica interpretazione di quali sarebbero i compiti della Pontificia Accademia per la Vita.

Vale la pena sottolineare che il dibattito sulla morale personale e familiare attraversa tutte le Chiese cristiane, arrivando talora a scontri frontali e a minacce di scisma. Nel cattolicesimo vi è oggi, anche grazie al magistero di Francesco, uno spazio di libertà reale di ricerca e confronto. Rincorrere rigidismi o facili accuse di eterodossia impedisce alla Chiesa un dialogo fecondo con il contemporaneo e priva la vita storico-civile di una voce necessaria per salvare l’umano comune.

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2 Commenti

  1. Elisabetta Manfredi 21 maggio 2023
  2. Gian Piero 20 maggio 2023

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