
«La riflessione su Dio è quasi scomparsa dal confronto culturale contemporaneo, persino dalla ricerca filosofica e teologica». Questa la costatazione di Natalino Valentini, docente presso l’ISSR “A. Marvelli” di Rimini, a conclusione del libro Dire Dio oggi. Sulle tracce di K. Rahner, curato da don Francesco Strazzari, presbitero vicentino e redattore di SettimanaNews, che ha coinvolto attorno a questo tema sette firme prestigiose.
Valentini riecheggia le parole scritte a suo tempo da K. Rahner che deplorava la scarsa riflessione, anche da parte dei teologi, su ciò che intendiamo quando diciamo “Dio”.
Apre le riflessioni Tomáš Halík, presbitero, filosofo e teologo della Cechia, con un’affermazione forte: «Sono convinto che sia necessario abbandonare il “realismo metafisico” e tutti gli sforzi per oggettivare “Dio”…, a favore di un certo “agnosticismo cristiano”, ovvero a favore del rispetto verso il Mistero di Dio». «Per la fede – scrive – è essenziale relazionarsi con un “mistero assoluto” che va oltre le possibilità della conoscenza umana… e che vede Dio come fonte e meta dell’intero dramma della creazione».
Anche il salesiano Luc Van Looy, vescovo emerito di Gent (Belgio), abbandona decisamente la via dimostrativa: «Se vogliamo esprimere Dio in parole o immagini, non sarà con i termini di teologia e di antropologia, ma con ciò che si chiama amore, tenerezza, affetto, e anche con impegno, solidarietà, responsabilità. fiducia».
La terza voce è quella del teologo Severino Dianich, istriano di nascita. Egli annota che, per quanto qualcuno si dichiari non credente, «la questione di Dio è una ferita aperta nel corpo dell’umanità, che non si cicatrizza mai». E anche la scienza, per quanto progredita, non spegne le domande su Dio.
Quale via intraprendere? «Uscire dalla gabbia dorata delle certezze scientifiche», concedendosi allo spazio della meraviglia, «nel quale anche Dio è possibile». Anche il voler dimostrare l’esistenza di Dio «sarebbe far scomparire la meraviglia». Non è la logica dell’intelligenza che ci porterà a Dio, bensì «la meraviglia del sentirsi circondati dall’immenso spazio dell’imprevisto e dell’imprevedibile». Sarà questa meraviglia – scrive Dianich – che spingerà l’anima prima a interrogarsi sulla possibilità di Dio e poi sulla probabilità di Dio per approdare, infine, alla certezza e alla fede in Dio.
Sorprendente l’intervento di Virgil Bercea, vescovo della diocesi greco-cattolica di Oradea Mare (Romania). È la testimonianza toccante di una Chiesa passata attraverso il crogiuolo della persecuzione da parte del governo comunista che, nel 1948, la dichiarò fuori legge. Nel tempo della persecuzione, gerarchia e fedeli – scrive Bercea – sono stati chiamati a «scrivere una teologia del martirio e dell’impegno ecclesiale in cui l’immagine di Dio si è rivelata nel silenzio di una vita eroica vissuta nella fede».
I fatti sono tristemente eloquenti: dopo l’arresto di tutti i vescovi greco-cattolici (sette su dodici morirono in carcere) furono arrestati e incarcerati anche i sacerdoti (oltre duecento) e molti fedeli, soprattutto gli intellettuali. Furono giustamente chiamati “i santi delle carceri”. Nel tempo della persecuzione – prosegue Bercea – «la Chiesa greco-cattolica ha dialogato con Dio…, ha scritto con il proprio sangue la teologia del martirio e ha agito con la grazia dello Spirito Santo».
Si rammarica, però, il vescovo perché Karl Rahner (e i suoi colleghi teologi occidentali) non hanno speso una parola sulle Chiese orientali, diventate “Chiese del silenzio”.
Ampio e articolato l’intervento di Jesús Martínez Gordo, sacerdote diocesano di Bilbao, teologo e scrittore, che raccoglie il monito di Karl Rahner, nella convinzione che «dobbiamo tornare a parlare di “Dio” nella pubblica piazza», consapevoli che oggi il problema Dio non è aggredito dall’agnosticismo o dall’ateismo, bensì circondato dall’indifferenza.
Gordo si dice convinto che «il nostro mondo è pieno di impronte, trasparenze, anticipazioni (E. Hillesum le chiamava “mormorii”)» di Qualcuno o di Qualcosa che possiamo definire Vita o Pienezza. Queste caratteristiche egli le trova, in particolare nell’astrofisica (la teoria del Big-Bang richiede una “spiegazione esterna” del cosmo e del mondo… Qualcosa o Qualcuno che, nella realtà cosmica, è percepibile come Unità, Intelligenza, Potere, Ordine, Amore o Anti-male, senza confondersi né ridursi alla materia…, esistente da sé stesso indipendentemente dalla sua opera); nella proto-biologia (materia e leggi perfettamente assemblate e messe in relazione tra loro sia nell’immensità cosmica, sia nell’infinita piccolezza del genoma); nell’antropologia culturale (l’uomo si percepisce come un “vagabondo cosmico” costantemente insoddisfatto e alla ricerca di una Realtà che lo appaghi).
A sorpresa, a conclusione delle sue considerazioni, Gordo inserisce il discorso su Gesù, definendosi, oltre che “teista”, anche “gesù-cristiano”, perché, nell’esistenza del Nazareno – scrive – «percepisco ciò che intendo quando dico Dio». E continua: «Questo Dio crocifisso e samaritano – scrive – mi interessa… A me importa questo Dio con i suoi “eccessi”…, senza Gesù Cristo il nostro mondo non è comprensibile, né il passato né il presente».
Anche il vescovo Van Looy, per parlare di Dio, aveva virato su Gesù di Nazaret, perché «Dio è reale, abita in mezzo a noi»…, è «un Dio sempre presente…, un Dio amorevole». Leggendo l’inno della carità (1Cor 13), «possiamo capire Dio, cercando di esprimerlo in termini di amore».
E siamo giunti agli ultimi tre contributi, cioè “Karl Rahner: il mistero del Dio Trinità” di A. Torres Queiruga, “Unus de Trinitate” di Massimo Naro e “Dire il senza nome, Karl Rahner e Georg Wilhelm Hegel” di Kurt Appel. Per affrontarli occorre una robusta base filosofica e teologica.
Il teologo e filosofo spagnolo, Torres Queiruga, richiama l’enfasi crescente in Rahner nel parlare di Dio «come mistero». Il teologo tedesco, infatti, parla di Dio «come permanente mistero sacro, fondamento smisurato dell’esistenza trascendente dell’uomo». Da ciò una conseguenza importante: «Ogni conoscenza reale di Dio è possibile solo perché è fatta a partire da una soggettività che non è mai “puramente” umana ma che, sempre e per costituzione, è originata e sostenuta da Dio» e poi perché «Dio sta facendo tutto il possibile per rivelarsi all’essere umano».
Secondo Don Massimo Naro, teologo siciliano, Karl Rahner, trovandosi di fronte ai due trattati classici della Scolastica – De Deo trino e De Deo uno – opta decisamente per il primo, perché annuncia Dio «come santo mistero» e, più ancora, come «il mistero del Dio di Gesù Cristo». La teologia – afferma don Massimo – «rintraccia l’anello mancante tra Dio e l’essere umano, identificandolo in Cristo Gesù, Logos umanato».
Conclude il libro il contributo di Kurt Appel, teologo e filosofo austriaco. «L’idea centrale di Rahner – scrive – è quella di un’apertura al mistero di Dio, in cui si radica l’esperienza della trascendenza». Per il teologo tedesco, infatti, «la teologia consiste nel “dire il senza nome”, nell’aprirsi al «nascondimento di Dio che trascende ogni nostra immagine». Per fare spazio alla fede in un Dio vivente ma nascosto nel suo mistero, sia Hegel che Rahner, ritengono che l’io moderno debba intraprendere un «percorso di disperazione». Eppure questa è l’unica strada per arrivare a credere che «l’ultima parola come la parola originaria è una parola del Dio vivente».
Ecco riassunte le sette voci che hanno riflettuto e raccontato come parlerebbero di Dio alle persone del nostro tempo.
T. Halík – L. van Looy – S. Dianich – V. Bercea – J. Martínez Gordo – A. Torres Queiruga – K. Appel, Dire Dio oggi. Sulle tracce di K. Rahner, a cura di F. Strazzari, Pazzini Editore, Villa Verucchio (RN) 2025, pp. 154, € 13,00, ISBN 9788862575300.






https://www.castelvecchieditore.com/prodotto/siamo-tutti-diversi-per-una-teologia-queer/
Una teologa che mi è piaciuta ultimamente. Libro intervista con un taglio radicale ma molto raffinato, il queer alla fine diventa quasi una metafora..
D’accordissimo. Qualche brava teologa – ce ne sono molte – è già in lista. Grazie. (fs)
Bello e ricco ma su questo argomento sarebbe stato bello sentire anche una teologa a completamento del quadro. Peccato manchi. Mi sento dire che, vista la presenza di ottime teologhe, il non aver inserito una voce femminile impoverisce il quadro. Peccato.
Penso che sia un approccio piuttosto simile a quello proposto qualche settimana fa da Claudia Fanti, magari un filo meno estremo ma siamo lì.